Odissea : Incipitario di traduzioni

INCIPITARIO DI TRADUZIONI

L’invocazione alla Musa (vv. 1-10)

 

Testo originale

[HOMERVS, Odyssea ; recensuit et testimonia congessit Martin L. West. - Berlin : De Gruyter, 2017, p. 1-2]

Ἄνδρα μοι ἔννεπε, Μοῦσα, πολύτροπον, ὃς μάλα πολλὰ
πλάγχθη, ἐπεὶ Τροίης ἱερὸν πτολίεθρον ἔπερσεν·
πολλῶν δ’ ἀνθρώπων ἴδεν ἄστεα καὶ νόον ἔγνω,
πολλὰ δ’ ὅ γ’ ἐν πόντωι πάθεν ἄλγεα ὃν κατὰ θυμόν,
ἀρνύμενος ἥν τε ψυχὴν καὶ νόστον ἑταίρων.
ἀλλ’ οὐδ’ ὧς ἑτάρους ἐρρύσατο, ἱέμενός περ·
αὐτῶν γὰρ σφετέρηισιν ἀτασθαλίηισιν ὄλοντο,
νήπιοι, οἳ κατὰ βοῦς Ὑπερίονος Ἠελίοιο
ἤσθιον· αὐτὰρ ὁ τοῖσιν ἀφείλετο νόστιμον ἦμαρ.
τῶν ἁμόθεν γε, θεά, θύγατερ Διός, εἰπὲ καὶ ἡμῖν.

 

 

Traduzioni italiane

Daniele Ventre (2014)

Odissea / Omero ; traduzione e cura di Daniele Ventre ; prefazione di Vincenzo Pirrotta. - Messina : Mesogea, 2014 [per gentile concessione l’editrice Mesogea] .

Musa, l’eroe dalle vie molteplici dimmi, che molto
peregrinò, rovesciata la sacra fortezza di Troia;
e città vide di molti degli uomini, i cuori ne intese,
molti dolori sul mare patì dentro l’animo suo,
mentre cercava a sé vita e ritorno per i compagni.
Ma non per questo i compagni salvò, contro il suo desiderio:
già, per loro follie andarono incontro a rovina,
essi che con i giovenchi del Sole Iperìone, da stolti,
s’eran cibati, e per loro il dio tolse luce al ritorno.
Tu di quei casi, dea figlia di Zeus, narra in parte anche a noi.

 

Così l’anticipazione in: «Testo a fronte», nr. 49 (II semestre 2013), p. 35:

Musa, l’eroe dalle vie molteplici dimmi, che molto
peregrinò, rovesciata la sacra fortezza di Troia;
di molti uomini vide città, le ragioni conobbe,
molti dolori per mare patì dentro l’animo suo,
pur di salvare a se stesso la vita e il ritorno ai compagni.
Ma non per questo i compagni salvò, contro il suo desiderio:
essi per loro follie andarono incontro a rovina,
stolti, che s’eran cibati mangiando i giovenchi del Sole,
dell’Iperìone: egli estinse per loro ogni luce al ritorno.
Parte anche a noi di quei casi tu narra, o dea figlia di Zeus.

 

Michele Diomede (2013)

Odissea. Versione in prosa. CreateSpace Indipendent Publishing Platform - ISBN - 9781496055408.

Musa, dell’eroe di così fertile pensiero raccontami, ti prego, i viaggi, le avventure, le genti che conobbe dopo aver distrutto la città di Troia. Suvvia, o serena figlia di Zeus; di Ulisse glorioso son noti il coraggio e l’astuzia, ma tu dimmi anche solo in parte di come si adoperò per salvare se stesso e i suoi uomini. Questi non ritornarono però vivi alle loro case, poiché da scriteriati pazzi avevano ignorato i divieti del dio Sole Iperione, osando banchettare con le carni dei buoi a lui consacrati.

 

Dora Marinari (2012)

Odissea / Omero ; traduzione di Dora Marinari, commento di Giulia Capo, prefazione di Piero Boitani. – Roma : La Lepre, 2012.

Raccontami, Musa, di quell’uomo ricco d’ingegno
che molto dovette andar vagando,
dopo aver distrutto la sacra città di Troia,
e vide i paesi di molti uomini e ne conobbe i costumi,
e molte pene soffrì errando sul mare,
cercando di salvare la propria vita
e di riportare indietro i suoi compagni.
Ma i suoi compagni, pur volendolo, non riuscì a salvarli,
quei folli che si distrussero per la loro stoltezza,
perché divorarono i buoi del Sole Iperione, e quello impedì il loro ritorno.
Racconta queste cose anche a noi, dea figlia di Zeus,
e comincia il racconto da dove vuoi.

 

Sandro Rossolini (2011)

Odissea / Omero ; versione metrica e illustrazioni di Sandro Rossolini. Siena : Cantagalli, 2011.

Parlami, Musa, di quell’uomo accorto
che molto errò dal giorno che di Troia
la sacra ròcca ebbe gettato a terra:
di molte genti vide le città
e l’indole conobbe, e nel suo cuore
sopra il mare soffrì molti dolori
cercando di salvare la sua vita
e ricondurre in patria i suoi compagni.
Ma per quanto egli lo desiderasse
salvarli in alcun modo non poté:
per la loro follìa vïolenta
essi infatti perirono,
stolti! che i buoi del Sole Iperïóne
mangiarono ed il Sole loro tolse
il giorno del ritorno.
Di questi fatti, dea, figlia di Giove,
racconta pure a noi,
da qualche parte a dire incominciando.

 

Guido Paduano (2010)

Odissea / Omero ; a cura di Guido Paduano ; illustrazioni di Luigi Mainolfi Torino : Einaudi, 2010, 2014.

Raccontami, Musa, dell’uomo versatile che vagò tanto
dopo avere distrutto la sacra rocca di Troia;
vide molte città di uomini e ne conobbe la mente,
e nel suo animo soffrì molte pene per mare,
lottando per la sua vita e il ritorno dei suoi compagni.
Ma, per quanto desiderasse, non riuscì a salvare i compagni;
morirono, storti, per la loro follia,
perché mangiarono le vacche del Sole Iperione,
ed egli tolse loro il ritorno. Racconta
anche a noi, Musa, figlia di Zeus, partendo da un punto qualsiasi.

 

Vincenzo Di Benedetto (2010)

Odissea / Omero ; introduzione, traduzione e commento di Vincenzo Di Benedetto Milano : BUR, 2010 (2011, 2012.

Dell’uomo, dimmi o Musa, molto versatile, che molte volte
fu sbattuto fuori rotta, dopo che di Troia la sacra rocca distrusse,
e di molti uomini le città vide e l’intendimento conobbe
e molti patimenti, lui, sul mare ebbe a soffrire nell’animo suo,
cercando salvezza di vita e il ritorno per sé e per il compagni;
ma anche così i compagni non li salvò, pur desiderandolo.
Fu per le loro stesse scelleratezze che essi perirono,
puerilmente stolti, essi che le vacche del Sole Iperione
mangiarono, e quello allora tolse loro il giorno del ritorno.
Di ciò, iniziando da qualche punto, dea figlia di Zeus, di’ anche a noi.

Marco Bonfiglio (2003)

Odissea : in prosa e per tutti / Omero ; adattata da Marco Bonfiglio, Roma : Fermento, 2003 (2004)

O Musa, raccontami le vicende del più astuto tra gli uomini, che a lungo vagò dopo aver distrutto la sacra rocca di Troia. Vide numerose città, conobbe un’infinità di uomini e durante il suo viaggio sul mare sopportò mille dolori nel tentativo di salvare la vita dei compagni e la propria. Eppure non ci riuscì, pur tentando in ogni modo; costoro si persero nei meandri della follia e mangiarono le vacche sacre al Dio Sole, il quale non permise mai che un giorno tornassero a casa. O Musa, racconta anche a noi qualcosa di quelle incredibili avventure.

 

Mario Zambarbieri (2002)

L’Odissea com’è. Lettura critica. Milano, Edizioni Universitarie di Lettere, Economia, Diritto, 2002.

L’uomo versatile narrami, Musa, il quale molto andò errando, dopo che ebbe distrutto la sacra rocca di Troia, e di molti uomini vide le città e conobbe la mente, e molti dolori soffrì nel suo cuore lottando per salvare la vita e il ritorno dei compagni. Ma neppure così riuscì a salvare i compagni, perché essi perirono a causa delle loro stesse follie, stolti, che divorarono i buoi del Sole Iperione. E quello tolse loro il giorno del ritorno. Di quelle vicende, o dea, figlia di Zeus, cominciando da un punto qualsiasi, anche a noi racconta.

 

Franco Ferrari (2001)

Odissea / di Omero ; a cura di Franco Ferrari. - Torino : UTET, 2001, 2005.

L’uomo dai molti percorsi, o Musa, tu cantami, colui che molto vagò dopo avere abbattuto la rocca sacra di Troia: di molti uomini vide le città, scrutò la mente e molti dolori sul mare patì nel suo cuore per guadagnare a sé la vita, il ritorno ai compagni. Ma neppure così li salvò, per quanto lottasse: si rovinarono, gli stolti, per la propria cecità cibandosi delle vacche del Sole Iperione, che strappò loro il dì del ritorno. Di tali eventi, da un punto qualsiasi, racconta anche a noi, o dea figlia di Zeus.

 

Mario Giammarco (1994)

Iliade ~ Odissea / a cura di Mario Giammarco. Introduzione di Antonio Aloni. - Roma : Newton Compton, 1997, 2011, 2013.

L’uomo d’ingegno sagace raccontami, o Musa, che a lungo
errò poi ch’ebbe distrutto la sacra rocca di Troia,
di tanti uomini vide città e conobbe la mente;
molti dolori sul mare dovette soffrire in cuor suo
per salvar la sua vita e il ritorno dei propri compagni.
Ma non gli riuscì di salvarli, per quanto lo desiderasse;
essi infatti perirono per loro stessa insipienza,
stolti, che divoraron le vacche del Sole Iperione:
questi perciò tolse loro il dì del ritorno. Quei fatti,
da dove vuoi, dea figlia di Zeus, anche a noi tu racconta.

 

Maria Grazia Ciani (1994)

Odissea / Omero ; a cura di Maria Grazia Ciani ; commento di Elisa Avezzù. – Venezia : Marsilio, 1994, 1996, 2000, 2001, 2003, 2005, 2007, 2008; Milano : Mondadori, 1997. Milano : Rizzoli New Media, 2001 CD-Rom. Milano : Rizzoli, 2008

L’uomo, cantami, dea, l’eroe del lungo viaggio, colui che errò per tanto tempo dopo che distrusse la città sacra di Ilio. Vide molti paesi, conobbe molti uomini, soffrì molti dolori, nell’animo, sul mare, lottando per salvare la vita a sé, il ritorno ai suoi compagni. Desiderava salvarli, e non riuscì; per la loro follia morirono, gli stolti, che divorarono i buoi sacri del Sole: e Iperione li privò del ritorno.
Di questi eventi narraci qualcosa, dea, figlia di Zeus.

 

Enzio Cetrangolo (1990)

Odissea / Omero ; a cura di Enzio Cetrangolo ; con un’introduzione di Franco Montanari. - Firenze : Sansoni, 1990 (poi: Milano : Rizzoli, 1997; Milano : Fabbri, 2000, 2004, 2006, 2007)

Parla, Musa, tu dell’eroe scaltro a me: di lui
che andò tanto vagando poi che di Troia la rocca
sacra abbatté; di molti uomini vide le terre e conobbe
la mente; e molto nell’animo suo patì sul mare
per tenere se stesso e i compagni vivi al ritorno.
Ma vano fu di salvare i compagni il desiderio
pur grande: ne fece rovina la propria follia;
insensati, che i buoi del Sole Iperione mangiarono,
e quello il giorno a loro negò del ritorno.
Tu di queste avventure da un punto qualsiasi movendo,
racconta, o figlia di Zeus, anche a me qualche cosa.

 

Giovanna Bemporad (1990)

Odissea / Omero ; versione di Giovanna Bemporad ; prefazione di Umberto Albini. - Torino : ERI, 1968 (1970); Firenze : Le Lettere, 1990 (1992, 2004, 2005)

L’uomo d’ingegno multiforme, o Musa,
dimmi, che a lungo errò dopo che l’alta
sacra rocca di Troia ebbe distrutta;
che vide le città, conobbe l’indole
di molte genti; che soffrì, correndo
sul mare, in cuore suo molti dolori,
lottando per salvarsi e ricondurre
salvi i compagni. Ma gli fu negato
di ricondurre i suoi, come voleva:
per la propria follia tutti perirono,
stolti! che i buoi del Sole Iperione
mangiarono empiamente, ed egli tolse
per sempre a loro il tempo del ritorno.
Da dove vuoi, narra anche a noi qualcosa
di questi eventi, o dea, figlia di Giove.

 

Aurelio Privitera (1981)

Odissea / Omero ; introduzione generale di Alfred Heubeck e Stephanie West ; testo e commento a cura di Stephanie West ; traduzione di Aurelio Privitera. - Roma : Fondazione Lorenzo Valla ; Milano : Mondadori, 1981, 1986, 1987, 1991-1993, 1996, 2000, 2003, 2004, 2007, 2015;

Odissea / Omero ; traduzione di G. Aurelio Privitera ; introduzione di Alfred Heubeck ; indici a cura di Donato Loscalzo. - Milano : Mondadori, 1991, 1994, 1995, 2003, 2004, 2007, 2014; Milano : Fabbri, 2015

Odissea / Omero ; traduzione di G. Aurelio Privitera ; saggio introduttivo di Alfred Heubeck ; premessa di Italo Calvino. - Milano : Mondadori, 2007.

Narrami, o Musa, dell’eroe multiforme, che tanto
vagò, dopo che distrusse la rocca sacra di Troia:
di molti uomini vide le città e conobbe i pensieri,
molti dolori patì sul mare nell’animo suo,
per acquistare a sé la vita e il ritorno ai compagni.
Ma i compagni neanche così li salvò, pur volendo:
con la loro empietà si perdettero,
stolti, che mangiarono i buoi del Sole
Iperione: ad essi egli tolse il dì del ritorno.
Racconta qualcosa anche a noi, o dea figlia di Zeus.

 

Giuseppe D’Angelo (1969)

Odissea / Omero ; versione di Giuseppe D’Angelo. - Roma : Colombo, 1969.

L’uomo multanime cantami, o Musa, il più errabondo
da ch’ebbe diroccata la possente città d’Ilio,
onde conobbe gli usi e le dimore d’assai genti:
quei che in mare patì infiniti affanni dentro il core
per sottrarsi alla morte e addurre in patria i suoi seguaci.
Ma non poté condurli a salvamento, come ambiva:
giacché a perire quelli indotti fur dal proprio errore,
stolti, che fecer scempio di giovenche sacre ad Elio;
e il nume irato negò ad essi l’alba del ritorno.
A tal racconto ora dà principio, o Musa, onde tu vuoi.

 

Carlo Saggio (1968)

Odissea / Omero ; traduzione di Carlo Saggio. - Milano-Napoli : Ricciardi, 1968; Milano Sonzogno, 1974; Milano : Art’è, 2001

Musa, narrami l’uomo abile molto, che molto andò vagando, quando ebbe distrutto la sacra rocca di Troia; e di molti uomini vide città e conobbe la mente, e molti dolori sul mare sofferse nell’anima sua, volendo salvare e la sua vita e il ritorno ai compagni. Ma nemmeno così, pure bramandolo molto, riuscì a salvare i compagni; poiché perirono, stolti, per colpa loro, che i bovi del Sole Iperione mangiavano; ed egli dunque gli tolse il dì del ritorno. O dea figlia di Zeus, di dove tu vuoi cominciando, narra anche a noi queste cose.

 

Giuseppe Tonna (1968)

Odissea Omero ; versione di Giuseppe Tonna. - Milano : Garzanti, 1968 (1974 [con introduzione di Fausto Codino], 1976, 1979, 1981, 1991, 1999, 2005)

Parlami, o Musa, dell’uomo versatile e scaltro che andò vagando tanto a lungo, dopo che ebbe distrutto la sacra roccaforte di Troia. Egli vide le città di molti uomini e ne conobbe i costumi: soffrì molte traversie in mare cercando di salvar la sua vita e il ritorno dei compagni. Ma neppure così i compagni li salvò, sebbene lo desiderasse e volesse. Morirono per le loro colpe e follie, quegli insensati: ché mangiavano i buoi del Sole Iperione. E il dio gli tolse il ritorno.

Tali vicende dille anche a noi, o dea figlia di Zeus, partendo da un punto qualunque della narrazione.

 

Emilio Villa (1964)

Odissea / Omero ; traduzione di Emilio Villa; Milano : Feltrinelli, 1972, 1994, 2014; Roma : DeriveApprodi, 2005; Roma : Emons Italia, 2010.

Era un grand’uomo, straordinario giramondo:
espugnata la sacra rocca di Troia, era andato
pellegrino, ramingo, correndo palmo a palmo
il mare: scoprì città, conobbe l’indole di genti
e nazioni. Ora, o Musica dea, ora ispirami
su costui, sulle inaudite sofferenze ch’egli,
solo con il suo coraggio, ebbe ad affrontare
per porre in salvo la propria vita, e proteggere
la via del ritorno ai suoi seguaci! perché
questo appunto egli fortemente voleva: ma
tuttavia non riuscì a portarli in salvo. Essi
perirono; ma vittime delle loro folli sacrileghe
azioni: insensati! vollero mangiare i manzi
sacri al Sole Iperione, e così avvenne che il Sole
sottrasse dal novero dei giorni proprio il giorno
del loro ritorno. Ebbene, tali eventi evoca
o dea, figlia di Zeus, evoca anche per noi
e dando inizio da qualunque momento vuoi.

 

Rosa Calzecchi Onesti (1963)

Odissea / Omero ; prefazione di Fausto Codino ; versione di Rosa Calzecchi Onesti. - Torino : Einaudi, 1963 (1968, 1970, 1972, 1974, 1975, 1977, 1979, 1981, 1982, 1984, 1986, 1989, 1993, 1994, 1996, 1998, 2000, 2006, 2008, 2009, 2010; Torino : RAI, 1968; Milano : Mondadori, 1969, 1976, 1981, 2012, 2013, 2014; Milano : Club degli Editori, 1970, 1983, 1998; Milano : Club del Libro, 1981; Trezzano : Euroclub, 1997, 1998; Milano : Mondolibri, 1999, 2000, 2001, 2002, 2007; Bologna : Grafica editoriale Printing, 2004; Roma : Gruppo Editoriale l’Espresso, 2005 (prefazione e note di Guido Paduano)

L’uomo ricco d’astuzie raccontami, o Musa, che a lungo
errò dopo ch’ebbe distrutto la rocca sacra di Troia;
di molti uomini le città vide e conobbe la mente,
molti dolori patì in cuore sul mare,
lottando per la sua vita e pel ritorno dei suoi.
Ma non li salvò, benché tanto volesse,
per loro propria follia si perdettero, pazzi!
che mangiarono i bovi del Sole Iperìone,
e il Sole distrusse il giorno del loro ritorno.
Anche a noi di’ qualcosa di queste avventure, o dea, figlia di Zeus.

 

Francesca Castellino (1956)

Odissea / Omero ; tradotta da Francesca Castellino. - Torino : S.E.I., 1956 (a cura di Onorato Castellino e Vincenzo Pelosi, 1958)

L’eroe dal multiforme animo, o Musa
cantami: quei che, la divina rocca
d’Ilio distrutta, lunghi anni trascorse
qua e là vagando, d’infinite genti
conobbe le città, l’indole seppe,
e sofferse nel mar fatiche e stenti
onde salvare la sua dolce vita
ed il ritorno in patria ai suoi compagni.
Ma, pur desiderandolo, non valse
a salvarli, i compagni: i dissennati
periron tutti per l’incauto ardire,
quand’essi divorarono, in Trinacria,
i pingui buoi del Sole Iperïone
e il bramato ritorno a loro ei tolse.
Queste cose, di Giove alma figliola,
narraci, donde cominciar ti piaccia.

 

Manlio Faggella (1953)

Odissea / Omero ; Introduzione, traduzione e note di Manlio Faggella. - Roma : Signorelli, 1953.

Cantami l’uomo d’ingegno molteplice, o Musa, che molto
Corse, poich’ebbe di Troade la rocca divina distrutta;
Vide molte città e popoli, e ne conobbe
L’animo, molti il suo cuore patì duri strazi nel mare,
Sempre anelando la sua salute e salvare i compagni.
Ma non poté salvarli, quantunque egli tanto anelasse,
Ché per loro protervia perirono tutti ad un punto:
Essi, stolidi, i buoi del Sol d’Iperione
Divorarono, e loro il dì del ritorno egli tolse.
Donde a te piace, o figlia di Zeus, a narrarmi comincia.

 

Salvatore Quasimodo (1945)

Dall’odissea / [traduzioni di] Salvatore Quasimodo ; illustrazioni di Calo Carrà. - Milano : Rosa e Ballo, 1945 (poi: Milano : Mondadori 1951, 1960, 1967; Roma : Delfino, 1977, Milano ; Mondadori, 1979 (Lirici greci, dall’odissea, dall’Iliade)

Narrami, o Musa, l’uomo dall’agile mente
che a lungo andò vagando, poi che cadde Troia,
la forte città, e di molte genti vide le terre
e conobbe la natura dell’anima, e molti dolori
patì nel suo cuore lungo le vie del mare,
lottando per tornare in patria coi compagni,
che per loro follia (come simili a fanciulli!),
non poté sottrarre alla morte,
poi che mangiarono i buoi del Solo, figlio del cielo,
che tolse loro il tempo del ritorno.
Questo narrami, o dea, figlia di Zeus,
e comincia di dove tu vuoi.

 

Jolanda De Blasi (1944)

L’Odissea / di Omero ; tradotta da Jolanda de Blasi. - Firenze : Sansoni, 1944

Raccontami, o Musa, la storia dell’uomo astuto e tenace che a lungo errabondo vagò, dopo avere distrutta la balda fortezza di Troia, e vide e conobbe le usanze di genti infinite, e su per il mare patì tante pene nel cuore, badando a guardarsi la vita e a riportare in patria i compagni. Ma i suoi compagni neppure così gli riuscì di salvarli, per quanto ci si mettesse d’impegno, ché temerariamente s’attirarono essi il malanno, insensati! quando mangiarono i sacri bovi del Sole che viaggia nell’alto, e il Sole non fece spuntare per loro il dì del ritorno. Di tutte queste avventure, Musa figlia di Giove, raccontane qualcuna anche a noi, cominciando da quale ti piace.

 

Guido Vitali (1934)

Odissea / Omero ; versione poetica di Guido Vitali. - Messina : Principato, 1934; con note e indici di G. Campagna. - Messina : Principato; 1938; con note di Alice Cantele Maselli. - Messina : Principato, s.a. [ma 1958]

Narrami, o Musa, l’ingegnoso eroe
che, distrutta la sacra urbe di Troia,
lungamente vagò, vide e conobbe
terre e costumi d’infinite genti
e travagli infiniti in mar sofferse
per salvar la sua vita ed il ritorno
dei suoi compagni. Ma non trasse in salvo,
come pure bramava, i suoi compagni:
perirono essi del lor folle ardire
allorché divorarono, insensati,
le giovenche del Sol Iperïone,
onde il dì del ritorno egli lor tolse.
Anche a noi quegli eventi or tu racconta,
e comincia onde vuoi, figlia di Giove.

 

Ettore Romagnoli (1923)

L’Odissea / Omero ; con incisioni di A. De Carolis. - Bologna : Zanichelli, 1923 (1924, 1932, 1933, 1934, 1935, 1936, 1937, 1938, 1939, 1940, 1945, 1947, 1948, 1951, 1954, 1956, 1958, 1959, 1960, 1964; Castel Bolognese : Itaca, 2010 (2013)

Narrami l’uomo d’ingegno molteplice, o Musa, che tanto
errò, poi che distrusse la rocca di Troia divina,
vide molte città, di molti uomini l’indole seppe,
e assai patì per mare, cercando com’egli e i compagni
salva potesser la vita serbare, e tornare alla patria.
Folli! Vorarono i bovi del Sol ch’alto valica; e il Nume
contese ad essi il dì del ritorno. O Dea, figlia di Giove,
donde che sia movendo, tu narra anche a me questi eventi.

 

Nicola Festa (1921-1928)

L’Odissea di Omero / tradotta e annotata da Nicola Festa. - Milano: Sandron, 1921-28 (1933, 1935, 1937), poi: Novara: Edipem, 1974.

Paralmi, o Musa, dell’uomo dall’animo pieghevole, che andò lungamente errando, dopo che ebbe distrutto la balda cittadella di Troia, e di molte genti visitò le città e conobbe la mente; e di molti affanni soffrì nell’animo suo su per il mare, cercando di salvare la sua vita e il ritorno dei suoi compagni. Ma con tutto ciò non poté, per quanto lo desiderasse, ottenere lo scampo dei suoi compagni, perché essi per le loro proprie stoltezze perirono, insensati! che divorarono i bovi del Sole Iperione; ed egli li privò del giorno del ritorno. Di queste vicende, o dea figlia di Zeus, racconta anche a noi cominciando d’onde tu voglia.

 

Cornelia Sale-Mocenigo-Codemo (1848)

Volgarizzamento in prosa dell’Odissea di Omero / per Cornelia Sale-Mocenigo-Codemo. - Treviso : dalla tipografia Andreola, 1848.

Raccontami, o Musa, di quell’uomo scaltrito, il quale andò moltissimo errando, poich’ebbe atterrata la sacra rocca di Troja; che visitò le città di molti popoli, e ne conobbe la mente; che in sul mare patì molti dolori nell’anima, per garantire la propria vita ed il ritorno dei compagni. Ma, comunque sollecito, non li sottrasse da morte, ché alcuni d’essi perirono per colpa della loro malvagità, avendo divorato da stolti i buoi del sole Iperione, il quale rapì loro il dì del ritorno. O dea, figliola di Giove, fa di raccontare anche a noi parte di quelle cose.

 

Lorenzo Mancini (1846-47)

L’Odissea d’Omero / recata dal greco esametro nell’ottava rima italiana da Lorenzo Mancini. - Firenze Cecchi, 1847 [canti 1-18].

   Canta, o Musa, l’eroe di vario ingegno,
Che pellegrino andò per l’universo
A lungo, poscia che distrutto il regno
Di Priamo ed Ilio in polve ebbe converso:
Molte, nel suo vagar lunge dal segno,
Città conobbe e lor genio diverso;
E molto in mar soffrì, mentre riporta
Se stesso in patria ed a’ compagni è scorta.

   Ma vano usciva a lui l’alto desio
Di far salvi que’ miseri; che d’empi
Non fuggendo la colpa in faccia al Dio
Che in ciel viaggia, distinguendo i tempi,
Perian di loro insipïenza, il fio
Tutti pagando de’ profani scempi
De’ suoi giovenchi al Sol, che del ritorno
A lor sottrasse per vendetta il giorno.

   Strane avventure, o Dea! Narrane alquanto
A noi mortali ancor, figlia di Giove.
Ben di memoria son degne e del canto,
Vita de’ nomi che d’Olimpo move.
Quanti Atride seguiro, e in riva al Xanto
Non trovaron la tomba, eran già dove
Ebber cuna tornati, e in care sponde
Fuor dell’armi sedeansi e fuor dell’onde.

 

 

Paolo Maspero (1845)

Odissea / di Omero ; traduzione del dottor Paolo Maspero. - Milano : Redaelli, 1845 (1847); Firenze : Le Monnier, 1871 (1888,1889, 1891, 1895, 1899, 1901, 1903, 1906, 1908, 1910. 1913, 1915, 1916, 1920, 1926, 1927, 1935, 1938); Milano : Ricordi, 1880; Milano : Hoepli, 1886; Verona : Tedeschi, 1892; Firenze : Sansoni, 1918, 1920, 1922, 1928, 1929; Roma : Ausonia, 1950; Torino : Petrini, 1957 (1959, 1962)

Canta, o Musa, l’eroe di vario ingegno,
Che gran tempo vagò, poiché distrutto
Ebbe il sacro Ilïon; che d’infinite
Genti i costumi e le città conobbe;
E gravi in mar sostenne e lunghi affanni
Mentre, al suo scampo intento, alle paterne
Soglie i compagni ricondur cercava,
Vano pensier; ché tutti un’empia voglia
A perir li traea. Stolti! del Sole
Iperïone divorar fûr osi
I candidi giovenchi, e il Nume irato
Ad essi del ritorno il dì rapia.
Or tu, figlia di Giove, in parte almeno,
Sì memorandi casi a noi rivela.

 

Niccolò Delvinotti (1843)

Odissea di Omero / traduzione di Niccolò Delvinotti. - Corfù : dalla tipografia del Governo, 1843. (Iseo : In Fonte, 2005, risorsa elettronica)

Dimmi l’accorto eroe, Musa, che tanto
Errò poiché le sacre a terra sparse
Iliache mura, che di molte genti
Visitò le città, l’indol conobbe;
Che sul pelago ancor patì nell’alma
Immensi affanni onde raddurre in salvo,
Se medesmo esponendo, i suoi compagni;
Ma i compagni bramò raddurre invano;
Ché di lor nequitose opre perîro.
Stolti! che i sacri al Sol Iperïone
Buoi divoraro, ed ei del redir loro
Il dì rapiva. O Dea, prole di Giove,
parte a noi pure di siffatti eventi,
Donde ti è in grado più, ridir ti piaccia.

 

Eustachio Fiocchi (1823)

Odissea d’Omero / nuovamente tradotta in ottava rima dall’abate Eustachio Fiocchi. - Pavia, Nella stamperia Fusi e Comp°, 1823

Cantami, o Dea, quell’uom così diverso,
Che assai lunga stagione errò lontano,
Dal dì che di sua man guasto e disperso
Il sacro ruinò castel trojano;
E in mar vagando, e in duri casi immerso
Le cittadi conobbe e il genio estrano
Di tante genti, in riscattando al pari
Sua vita, e il ritornar de’ suoi più cari.

Ma per desiri a cotant’uopo intenti
campar non li poté da sorte ria;
Però che tutti ad uno ad un fur spenti,
Stolti! che manicar del Sol gli armenti;
Onde al ritorno ei lor troncò la via.
Or tu, figlia di Giove, inclita diva,
Tai cose in parte ancor a noi le avviva.

 

Ippolito Pindemonte (1822)

Odissea / di Omero ; tradotta da Ippolito Pindemonte. - In Verona : dalla Società Tipografica Editrice, 1822 (Vol. 1° delle Opere)

Musa, quell’uom di moltiforme ingegno
Dimmi, che molto errò, poich’ebbe a terra
Gittate d’Iliòn le sacre torri;
Che città vide molte, e delle genti
L’indol conobbe; che sovr’esso il mare
Molti dentro del cor sofferse affanni,
Mentre a guardar la cara vita intende,
E i suoi compagni a ricondur: ma indarno
Ricondur desiava i suoi compagni,
Che delle colpe lor tutti periro.
Stolti! che osaro vïolare i sacri
Al Sole Iperïon candidi buoi
Con empio dente, ed irritaro il Nume,
Che del ritorno il dì lor non addusse.

Deh parte almen di sì ammirande cose
Narra anco a noi, di Giove figlia, e Diva.

 

Ippolito Pindemonte (1809)

Traduzione de’ primi due canti dell’Odissea e di alcune parti delle Georgiche ; con due epistole, una da Omero l’altra a Virgilio / [Ippolito Pindemonte] - Verona : Gambaretti, 1809 (poi: Modena : Soliani, 1811)

Musa, quell’uom di moltiforme ingegno
Dimmi, che molto errò, poich’ebbe a terra
Gittate d’Iliòn le sacre torri;
Che città vide molte, e delle genti
L’indol conobbe; che sovr’esso il mare
Molti dentro del cor sofferse affanni,
Mentre a guardar la cara vita intende,
E i suoi compagni a ricondur: ma indarno
Ricondur desïava i suoi compagni,
Che delle colpe lor tutti periro.
Stolti! che osaro vïolare i sacri
Al Sole Iperiòn candidi buoi
Con empio dente, ed irritaro il Nume,
Che del ritorno il dì lor non addusse.

Deh narra, parte almen, così ammirande
Cose a noi pur, di Giove figlia, e Diva.

 

Francesco Soave (1805)

L’odissea di Omero tradotta in versi italiani da Francesco Soave C.R.S. con annotazioni aggiuntavi la Batracomiomachia. - Pavia : presso gli Eredi di Pietro Galeazzi, 1805.

L’uomo dimmi, o Musa, d’alto senno e scaltro,
Che stretto a errar lunga stagion, poi ch’ebbe
D’Ilio le sacre mira a terra sparse,
Città e costumi assai vide e conobbe;
E gravi in mar soffrì nell’alma affanni,
Mentre di se lo scampo, e de’ compagni
Cerca il ritorno. Ma già questi in salvo,
Benché forte il bramassero, a trar non valse,
Ché tutti andàr per lor follia perduti.
Stolti! che i buoi si divoràr del Sole,
Ch’indi irato il ritorno a lor contese.
Or di ciò parte a noi puranche, o Diva
Figlia di Giove, rammentar ti piaccia.

 

Giuseppe Bossoli (1793-74)

L’Odissea d’Omero di Giuseppe Bossoli. - Venezia : presso Antonio Zatta e Figli, s.a. (tomi 7-9 del Parnaso de’ poeti classici)

Di quell’astuto, o Dea, dimmi, che tanto
Errò, d’affanni grave e di dolore,
Dappoi che Troja giacque, ond’esso il vanto
Portò de la vittoria, e ’l primo onore,
Cercando terre e mari, e vide intanto
Di strane genti i vizj ed il valore,
Bramoso pur salvar se stesso, e quanti
Di sue fortune avea compagni erranti.

Ma in van del saggio re cadde ogni cura
Di ritornargli al lor reame.
Essi si procacciar’ la lor sciagura
Con portamenti ingrati, e inique brame,
che colti i buoi del sole a le pastura
Ne satollar’ la troppa ingorda fame;
Onde esso a vendicar suo danno e scorno,
A tutti quei meschin tolse il ritorno.

 

Gregorio Redi (1751)

Opere varie di monsignor Balì Gregorio Redi. Vol. 1. - In Venezia : presso Gio: Battista Recurti, 1751 (Vercelli : presso Giuseppe Panialis, 1790)

Madonna Musa deh mi narra i fatti
Di quel gran Mariuol tanto nomato,
Che dopo ch’ebbe i muri arsi, e disfatti
Di Troia, errando andò per ogni lato;
Osservò di più Genti i riti, e gli atti.
E in furberie restò matricolato,
Sebbene in mare ei fu presso all’esizio,
Che poco giova in mar forza, e giudizio.

Indarno egli bramò di far ritorno
Co’ suoi Compagni a Casa salvi, e sani,
Perché gli sciocchi macellaro un giorno
I buoi del Sol con temerarie mani,
E gli cossero in stufa, alesso, e in forno
Veramente sacrileghi, e villani,
Onde irritato il Dio da tal dispregio
Gli castigò d’un tanto sacrilegio.

Perciò Musa gentil, che pur sei Figlia
Del gran Giove, o legittima, o bastarda,
il più sonoro colascion deh piglia,
E de’ favori tuoi non ci esser tarda:
Noi t’udiremo con immote ciglia,
Se sopra la Ciaccona, e la Gagliarda
Ci narrerai col canto tuo divino
Parte de i Casi d’esto Paladino.

 

Anton Maria Salvini (1723)

Odissea d’omero tradotta dall’origina greco in versi sciolti. - In Firenze : per Gio. Gaetano Tartini, e Santi Franchi, 1723; Padova : nella Stamperia del Seminario : appresso Giovanni Manfrè, 1742.

L’uomo narrami, o Musa, astuto e scaltro,
Di varj modi, e di maniere adorno,
Che molto assai pel mondo andò vagando
Da ch’espugnò ’l castel sacro di Troja.
Di molt’uomini vide le cittadi,
Ed il genio conobbe, e ’l sentimento.
Molti ei pel mar patì in suo cuore affanni,
Riscattando sua vita, ed il ritorno
De’ compagni; ma né così i compagni
Deliberò, quantunque ei lo bramasse.
Che per le proprie lor follie periro:
Stolti, che i buoi del sole Iperióne
Mangiaro: ei tolse lor della reddita
Il dì: di tai cose onde tu vuoi
Di Giove figlia o Dea, narra anco a noi.

 

Federico Malipiero (1643)

L’Odissea d’Omero ; trasportata dalla greca nella toscana favella da Federico Malipiero. - In Venetia : presso Gasparo Corradicci, 1643

Io intendo descrivere quell’homo, che dopo l’incendio di Troia molte Cittadi, altresì diversi costumi del mondo, e vide, ed apprese. Quell’homo io dico, che errando tra le disdette, (più d’una volta naufragato nel mare) valico insieme tratti grandissimi d’acque per serbare, sì la persona sua, come i suoi stessi amati compagni dalla morte. Egli restò illeso per volere del Cielo, ma quegli volontariamente (scipiti, che furono) volsero perdersi tutti, né Giove costò punto alla di loro impazzata risoluzione, non conferendogli più l’oggetto dell’amiche patrie contrade. Tu Musa dunque (mentr’io delibero a ciò raccontare) infondi mi nella memoria gli di costoro avvenimenti tutti.

 

Gerolamo Baccelli (1582)

L’Odissea d’Ho mero tradotta in volgare fiorentino da M. Gerolamo Baccelli. - In Firenze : appresso il Ser Martelli, 1582; Livorno : presso Tommaso Masi, 1805

Narrami, o Musa, l’uomo accorto e saggio,
Che, poi che la sacrata alta cittadi
Di Troia prese, lungamente errando
Cerco molti paesi, e vide, e ’intese
Di varie genti diversi costumi,
E molti affanni all’alma in mar sofferse,
Mentre che se co’ suoi compagni amati
Sottragga dalla morte cerca in daranno,
E ridir di sua patria a i cari lidi;
Né l’alto suo desio compi potevo;
Che stolti a se medesmo alta ruina
I compagni cercar, che mal accorti
Gli armenti si mangiar del Sol lucente,
Che lor del ritornare il giorno tolse.
Questo, o sacrata Dea figlia di Giove,
Ridirne in parte almen non ti sia greve.

 

Lodovico Dolce (1573)

L’Ulisse di M. Lodovico Dolce da lui tratto dall’Odissea d’Homero e ridotto in ottava rima. - In Inneggia : appresso Gabriel Giolito de’ Ferrari, 1573

[Manca l’invocazione alla Musa]

 

Traduzioni latine

 

Bernardo Zamagna (1777)

Homeri Odyssea latinis versibus expressa a Bernardo Zamagna ragusino. - Siena : Fratres Pazzinii Carlii, 1777; Prima editio veneta. - Venetiis : Excudebant Haeredes Balleonii, 1783; Jaderae : ex typis Battara, 1832.

Musa virum memora, varium qui pectore versans
Ingenium, erravit longum post eruta Trojae
Pergama. Multorum mores inspexit, & urbes
Ille hominum, multa & pelagi mala passus in undis,
Dum sibi, dum sociis reditum molitur: at illos
Providus haud valuit nigro subducere leto;
Nam culpa periere sua, dementibus ausis
Aggressi niveos Solis violare juvencos,
Quos propter vetuit reditum deus ipse potiri.
Ergo harum & nobis da rerum evolvere partem
Diva, precor, magni Jovis o pulcherrima proles.

 

Raffaele Maffei (1510)

Odissea homeri per Raphaelem Volaterranum in latimum conversa. - Romae : per Iacobum Mazochium, 1510

Dic mihi musa virum, captae post tempora Troiae
Qui mores hominum multorum vidit et urbes.
Multa quoque et ponto passus dum naufragus errat:
Ut sibi, tum sociis vitam servaret in alto.
Non tamen hos cupiens fato depromsit acerbo,
Ob scelus admissum extinctos ausumque malignum:
Qui fame compulsi solis rapuere iuvencos.
Stulti, ex quo reditum ad patrias deus abstulit oras.
Horum itaque exitium memora mihi musa canenti.

 

Francesco Griffolini (1510)

Homeri poetarum clarissimi Odyssea de erroribus Ulyxis. - Argentoraci : ex officina Ioannis Schotti : impensis vero egregij doctoris Georgij Maxilli alias übelin, ad nonum Kal. Iunij [24. V], 1510

Dic mihi musa virum perquam exercitatum: qui post sacram urbem Ilium dirutam longis erroribus & civitates multas vidit & hominum mentes cognovit: diuque mari iactatus: ut se & socios in patriam reduceret: multos anxius labores perpessus est. Non tamen in illis liberandis suo satisfecit desiderio. Suis enim illi in deos periere flagitijs. Quippe qui stulti desuper currentis solis boves comererunt. Hinc ille reditum eis abstulit. Horum tu dea Iovis filia causam & nobis refer.

 

Leonzio Pilato (1366)

Il codice parigino latino 7880.2. Odissea di Omero tradotta in latino da Leonzio Pilato con le postille di Francesco Petrarca. A cura di Tiziano Rossi. Milano, Edizioni Libreria Malavasi, 2016.

Virum michi pande musa multimodum, qui valde multum
Erravit. ex quo troie sacram civitatem depredatus fuit.
Multorum hominum vidit urbes. et intellectum novit.
Multas autem hic in ponto passus fuit angustias proprio in animo
Redimens propriam animam et reditum sociorum.
Sed non sic socios salvavit desiderans licet.
Ipsorum enim proprijs stultitijs perierunt.
Stolidi. qui per boves yperionis solis
Comederunt. nam hic istis abstulit reditus diem.
Hec a quacumque parte dea filia iovis dic et nobis.

 

Orazio (I sec. a.C.)

Ars poetica 141-142

Dic mihi musa virum captae post moenia Troae
qui mores hominum multorum vidit et urbes

 

Epistulae I, II 17-22

Quid virtus et quid sapientia possit
utile proposuit nobis exemplar Ulixen,
qui, domito Troiae, multorum providus urbes,
et mores hominum inspexit, latumque per aequor,
dum sibi, dum sociis reditum parat aspera multa
pertulit, adversis rerum immersabilis undis.

 

Livio Andronico (240 a.C.)

Odysia (frammenti in: Aulo Gellio, Notti Attiche 18, 9, 5)
[Testo e traduzione di Enrico Flores, Livi Andronici Odusia. Introduzione, edizione critica e versione italiana. - Napoli : Liguori, 2011]

Virum mihi, Camoena, insece vorsutum
L’eroe per me, camena, insegui nella memoria a tutto rivolto

 

 

Traduzioni francesi

Médèric Dufour e Jeanne Raison (1965)

L’Odyssée / Homère ; traduction, introduction, notes et index par Médéric Dufour et Jeanne Raison. - Paris : Garnier ; Flammarion, 1965

Muse, dis-moi le héros aux mille expédients, qui tant erra, quand sa ruse eut fait mettre à sac l’acropole sacrée de Troade, qui visita les villes et connut les mœrs de tant d’hommes! Combien en son cœr il éprouva de tourments sur la mer, quand il luttait pour sa vie et le retour de ses compagnons! Mais il ne put les sauver malgré son désir : leur aveuglement les perdit, insensés qui dévorèrent les bœfs d’Hélios Hypérion. Et lui leur ôta le journée du retour. A nous aussi, déesse née de Zeus, conte ces aventures, en commençant aù tu voudras.

 

Charles-François Lebrun (1819)

L’Odyssée d’Homère, traduite du grec [par Lebrun]. - Paris : Bossange et Masson, 1819
Oevres d’Homère ; traduites du grec par Lebrun. - Paris : Masson et fils, 1825
L’Iliade et l’Odyssée d’Homère
/ traduites du grec, par le prince Le Brun. - Paris : chez Lefèvre,1836
L’Iliade et l’Odyssée, traduits ["sic"] en français par le prince Lebrun. - Paris : C. Gosselin, 1841, 1843
L’Iliade [L’Odyssée]
, traduite en français par le prince Lebrun. - Limoges : E. Ardant et C. Thibaut, 1873
L’Odyssée: extraits  / Homère ; trad. du grec ancien par le prince Lebrun. - Paris : J’ai lu, 1999, 2002, 2003
L’Odyssée / Homère : Yves Adler, Jean-Ghristophe Doubroff (Adaptateur), Charles-François Lebrun (Traducteur). Le livre qui parle, 2008 (2CD audio)

   

Muse, chant cet homme souple, divers, fécond en ruses et en stratagèmes, qui, après avoir renversé les murs sacrés de Troie, erra long-temps, vit des peuples nombreux, et connut leurs esprit, leurs mœurs et leurs lois.
Sur la mer, le cœur dévoré de peines et de soucis, il lutta long-temps pour sauver sa vie et assurer le retour de ses compagnons. Ni ses efforts, ni ses voeux, ne purent arracher ses compagnons à leur destinée: tous périrent victimes de leurs folles erreurs. Insensés! ui osèrent immoler à leur faim sacrilège des génisses consacrées au Dieu qui éclaire l’univers. Le Dieu, pour les punir, leur refusa le jour qui les auroit rendus à leur patrie. O Déesse! conte-nous du moins aussi una partie de ses aventures.

Salomon Certon (1604)

L’Odyssée d’Homère au Roy, de la version de Salomon Caerton . - A Paris : chez Abel L’Angelier, 1604
L’Odyssée d’Homère / de la version de Salomon Certon. - Paris : Thomas Blaise, 1615
L’Odyssée d’Homère, avec la Batrachomyomachie, les hymnes et les épigrammes, le tout de la version de Salomon Certon. - Paris : s.n., 1615
Les oeuvres, d’Homère, prince des poètes. assavoir, l’Iliade, l’Odyssée, la Batrachomyomachie, les Hymnes et les Epigrammes. Le tout de la version de Salomon Certon. - Paris : Thomas Blaise, 1615

Muse raconte moy l’homme fin & rusé
Qui long temps erra, depuis qu’il eut rasé
Le sacré mur de Troye, & d’hommes & de villes
Remarqua les façons farrouches & civiles,
Il eut en son esprit en courant sur les mers
Des douleurs en grand nombre & des travaux amers
Pour garder plein de soin & de peyne infinie
Sa vie, & ramener ceux de sa compagnie.
Mais pourtant quoy qu’il fist pour ses gens conserner,
Il y perdit sa peine, & ne les peut sauver :
Car les mal advisez, par leur faute perirent,
Mechans, qui au Soleil tournant la haut se prirent
En mangerent ses bœufs. Pourtant de leur retour
Apollon leur osta le desirable jour.
Fille de Jupiter, deesse (si je t’ose
Enquerir) conte moy de cecy quelque chose

 

Claude Boitet/Boitel (1619)

L’Odissée d’Homere traduict de grec en françois, par Claude Boitel. - A Paris : chez la veuve Matthieu Guillemot, au Palais de la Gallerie des Prisonniers, 1619
L’Odissée d’Homere traduict de grec en françois, par Claude Boitel. A Paris, chez Nicolas et Jean de la Coste au mont saint Hilaire, 1638
L’Odissée d’Homere traduict de grec en françois, par Claude Boitel. A Paris. 1681. Chez Mathieu Guillemot.

 

lomon Certon (1604)
Boitet (1619)
Chere Muse, anime ma veine, espure mes esprits, & favorise mon entreprise, à ce que sous ta saveur je puisse avec merite entonner par mes escrits, les ruses, les artifices & la gentillesse d’esprit de cest homme rusé. Dechiffre moy les estrangers adventures, & les hazards qu’il a risqué sur la mer pendant ses divers voyages, errant çà & là parmy les pays lointains, & havres estrangers, s’accomodant selon les occurences, aux lieux, aux saisons, aux mœurs & coutumes des royaumes où par hazard il s’est rendu apres avoir mis à sac, & reduit en poudre la superbe & sacrée cité de Troye : raconte moy avec combien de peine il a mesnagé sa vie depuis ce temps-là, & avec quel soing & providence il s’estoit mis en devoir de garantir ses camarades du naufrage, & de leur faire libre passage pour retourner bagues fauves en leur patrie...
La Valterie (1681)
  Parlez-moy, divine Muse, de la sagesse de ce Heros, qui apres avoir pris la superbe Troye, erra de Ville en Ville, & connût les Coûtumes differentes de tant de Peuples.

Il prenoit un extrême soin de la conservation, & du retour de ses Compagnons ; & sans doute il les auroit conduits heureusement dans leur Patrie.

Dacier (1712)
Muse, contez-moi les aventures de cet homme prudent qui, après avoir ruiné la ville sacrée de Troie, fut errant plusieurs années en divers pays, visita les villes de différents peuples, et s’instruisit de leurs coutumes et de leurs mœurs. Il souffrit des peines infinies sur la mer pendant qu’il travaillait à sauver sa vie et à procurer à ses compagnons un heureux retour .
Dubois de Rochefort (1777)

Muse, chantez ce Roi prudent & courageux,

Qui long-temps égaré sur les flots orageux,

Après que sa valeur, par le fer & la flamme,

Eut brisé les remparts  de l’antique Pergame,

De cent Peuples fameux vit les loix & les mœurs,

Avec ses Compagnons souffrit de longs malheurs,

Et contre les fureurs des Vents & de Neptune

Défendit constamment leur vie & sa fortune.

En vain il se flattoit d’assurer leur retour,
Il ne les put sauver : le puissant Dieu du jour
Leur ravit le bonheur de revoir leur patrie,
Et leur fit expier leur coupable folie.
Insensés! qui, sur eux attirant tous leurs maux,
Odèrent du Soleil dévorer les troupeaux.
Fille de Jupiter, o vous, dont la mémoire
se retrace sans peine una si longue histoire,
Inspirez-moi, Déesse, & daignes par mes chants
En immortaliser les traits les plus touchants!

Gin (1784)
  Muse, raconte les travaux de ce Sage qui fut si long-tems égaré sur le vaste des mers, lorsqu’il eut détruit les murs sacrés de Troye, qui parcourut de nombreuses cités, & s’instruisit du génie des Nations ; dis-nous de quelles douleurs son ame fut pénétrée, par quelle prudence il échappa  aux périls dont il étoit environné ; dis-nous ses efforts pour procurer le retour de ses compagnons.
Bitaubé (1785)
Chante, ô Muse !  ce mortel prudent, qui, après avoir détruit les remparts sacrés de Troie, porta de climats en climats ses pas errans, parcourut les cités nombreuses de divers peuples, &t s’instruisit de leurs mœurs. Sur les mers, en proie à des soins dévorans, il essuya les revers les plus terribles, aspirant au prix de ses jours et à ramener heureusement ses compagnons dans leur patrie...
Bitaubé (1810)
  Muse, chante ce héros fameux par sa prudence, qui, après avoir détruit les remparts sacrés de Troie, porta de toutes parts ses pas errans, parcourut les cités de peuples nombreux, et s’instruisit de leurs mœurs. Sur les mers, en proie à des soins dévorans, il lutta contre les revers les plus terribles, aspirant à sauver ses jours et à ramener ses compagnons dans sa patrie...
Flaxman (1793)
Dugas Montbel (1818)
  Muse, redis-moi les malheurs de cet homme prudent qui long-temps erra sur la terre après avoir détruit les remparts sacrés d’Ilion, qui parcourut un grand nombre de villes, et connut les mœurs des peuples. Cet héros, en traversant les mers, supporta de pénibles travaux pour sauver sa vie, et procurer un heureux retour à ses compagnon...
Leprince Lebrun (1825)
  Muse, chant cet homme souple, divers, fécond en ruses et en stratagèmes, qui, après avoir renversé les murs sacrés de Troie, erra long-temps, vit des peuples nombreux, et connut leurs esprit, leurs mœurs et leurs lois.

Sur la mer, le cœur dévoré de peines et de soucis, il lutta long-temps pour sauver sa vie et assurer le retour de ses compagnons.

Bareste (1842)
use, chante ce héros, illustre par sa prudence, qui longtemps erra sur la terre après avoir détruit la ville sacrée de Troie, qui parcourut de populeuses cités, s’instruisit de leurs mœurs, et fut, sur les mers, en proie aux plus vives souffrances pour sauver ses jours et ramener ses compagnons dans leur patrie. Mais, malgré tous ses efforts, il ne put les y conduire, et ils périrent victimes de leur imprudence : les insensés osèrent se nourrir des troupeaux consacrés au céleste soleil, et ce dieu leur enleva la journée du retour ! Déesse, fille de Jupiter, raconte-nous quelques-unes de ces aventures.
 Guiguet (1846)
  Muse, chante ce héros plein d’artifices qui longtemps erra lorsqu’il eut renversé la saint Ilion. Il visita de nombreuses cités, et connut les mœurs des peuples divers. Il souffrit, sur la vaste mer, des maux cruels en cherchant à conserver sa vie et à ramener ses compagnons.
Pessonnaux (1850)
  Muse, dis-moi ce guerrier, fécond en ressources, qui erra si longtemps, après avoir renversé la ville sacrée de Troie : il vit les cités de bien des peuples, et s’instruisit de leurs mœurs ; sur la mer, il souffrit en son cœur des peines sans nombre, dans le but d’assurer et son salut et le retour de ses compagnons.
Leconte de Lisle (1867)
 

Dis-moi, Muse, cet homme subtil qui erra si longtemps, après qu’il eut renversé la citadelle sacrée de Troiè. Et il vit les cités de peuples nombreux, et il connut leur esprit ; et, dans son coeur, il endura beaucoup de maux, sur la mer, pour sa propre vie et le retour de ses compagnons.
Mais il ne les sauva point, contre son désir ; et ils périrent par leur impiété, les insensés ! ayant mangé les boeufs de Hèlios Hypérionade. Et ce dernier leur ravit l’heure du retour.
Dis-moi une partie de ces choses, Déesse, fille de Zeus .

Froment (1884)

Muse , dis moi l’homme adroit qui bien longtemps erra,

Troie aux saints murs détruite, il connut, explora

Maintes cités et mœurs, souffrit beaucoup sur l’onde

Pour vivre et parvenir au retour de son monde ;

Séguier (1896)

Muse, dis-moi ce chef aux manœuvres subtiles

Qui, vainqueur de Pergame, erre si longuement

De maint peuple il sonda les mœurs comme les villes ;

Il souffrit mille maux sur l’humide élément

Pour conserver sa vie et ramener sa troupe.

Bérard (1925)

C’est l’Homme aux mille tours, Muse, qu’il faut me dire, Celui qui tant erra quand, de Troade, il eut pillé la ville sainte, Celui qui visita les cités de tant d’hommes et connut leur esprit, Celui qui, sur les mers, passa par tant d’angoisses, en luttant pour survivre et ramener ses gens.

Dufour et Raison (1935)
  Muse, dis-moi le héros aux mille expédients, qui tant erra, quand sa ruse eut fait mettre à sac l’acropole sacrée de Troade, qui visita les villes et connut les mœurs de tant d’hommes. Combien en son cœur il éprouva de tourments sur la mer, quand il luttait pour sa vie et le retour de ses compagnons !
Meunier (1943)
  Quel fut cet homme, Muse, raconte-le-moi, cet homme aux mille astuces, qui erra, après avoir renversé de Troade la sainte citadelle ? De bien des hommes il visita les villes et s’enquit de leurs mœurs ; il souffrit sur la mer, dans le fond de son cœur, d’innombrables tourments, tandis qu’il s’efforçait d’assurer sa vie et le retour  de ses compagnons.

 

 

Traduzioni inglesi

 

Richmond Lattimore (1967)

The Odyssey of Homer / translated, with an introduction, by Richmond Lattimore. - New York : Harper & Row, 1967, 1975, 1991, 1999, 2007. The Iliad, and, The Odyssey of Homer / Translated by Richmond Lattimore. - London : Encyclopaedia Britannica, 1990.

Tell me, Muse, of the man of many ways, who was driven
far journeys, after he had sacked Troy’s sacred citadel.
Many were they whose cities he saw, whose minds he learned of,
many the pains he suffered in his spirit on the wide sea,
struggling for his own life and the homecoming of his companions.
Even so he could not save his companions, hard though
he strove to; they were destroyed by their own wild recklessness,
fools, who devoured the oxen of Helios, the Sun God,
and he took away the day of their homecoming. From some point
here, goddess, daughter of Zeus, speak, and begin our story.

 

Samuel Ogden Andrew (1948)

Homer’s Odyssey ; traslated by S. O. Andrew. - London : Dent, 1948 (1953, 1961, 1963)

Tell me, O Muse, of the hero fated to roam
So long and so far when Ilion’s keep he had sack’d,
And the city and mind of many a people he knew,
And many a woe he andur’d on the face of the deep
To win both life for himself and his comrades’ return;
Yet for all his striving he brought not his company home,
For they by their own blindness at last were destroy’d,
Fools! who ate of the sacred beeves of the Sun
And he, Hyperion, ras’d out their day of return:
Sing, then, O daughter of Zeus, that Wanderer’s tale.

 

Émile Victor Rieu (1945)

The Odyssey /traslated by E.V. Rieu. - Harmondswort ; New York : Penguin books, 1945 (1946, 1948, 1950, 1951, 1953, 1954); Harlow : Longman, 2000.

The hero of the tale which I beg the Muse to help me tell is that resouceful man who roamed the wide world after he had sacked the holy citadel of Troy. He waw the cities of many peoples and he learnt their ways. He suffered many hardships on the high seas in his struggles to preserve his life and bring his comrades home. But he failes to save those comrades, in spite of all his efforts. It was their own sin that brought them to their doom, for in their folly they devoured the oxen of Hyperion the Sun, and the god saw to it that they should never return. This is the tale I pray the divine Muse to unfold to us. Begin, goddess, at whatever point you will.

 

Robert H. Hiller (1925)

The Odyssey of Homer ; traslated into English prose by Robert H. Hiller. - Chicago : The John C. Winston Company, 1925 (1927)

Tell me, O Muse, of that clever hero who wandered far after capturing the sacred city of Troy. For he saw the towns and learned the ways of many peoples. Many hardships too he suffered on the sea while struggling for his own life and for the safe return of his men. Yet all his zeal did not save his companions. They perished through their own rashness –the fools!– because they ate the cattle of the Sun, and he therefore kept them from reaching home. Tell us also of this, O goddess, daughter of Zeus, beginning where you will.

 

George Herbert Palmer (1884)

The Odyssey of Homer ; translated by George Herbert Palmer. - Boston : Houghton Mifflin Company, 1884 (1891)

Speak to me, Muse, of the adventurous man who wandered long after he sacked the sacred citadel of Troy. Many the men whose towns he saw, whose ways he proved, and many a pang he bore in his own breast at the sea while struggling for his life and his men’s safe return. Yet even so, by alla his zeal, he did not save his men: for through their own perversity they perished – fools! who devoured the kine of the exalted Sun. Wherefore he took away the day of their return. Of this, O goddess, daughter of Zeus, beginning where thou wilt, speak to us also.

 

Samuel Henry Butcher e Andrew Lang (1879)

The Odyssey of Homer / done into English prose by S. H. Butcher and A. Lang. - London : Macmillan, 1879 (1883, 1963); New York : The Modern Library, ___

Tell me, Muse, of that man, so ready at need, who wandered far and wide, after he had sacked the sacred citadel of Troy, and many were the men whose towns he saw, and whose mind he learnt, yea, and many the woes he suffered in his heart upon the deep, striving to win his own life and the return of his company. Nay, but even so he saved not his company, though he desired it sore. For through the blindness of their own hearts they perished, fools, who devoured the oxen of Helios Hyperion: but the god took from them their day of returning. Of these things, goddess, daughter of Zeus, whencesoever thou hast heard thereof, declare thou even unto us.

 

Alexander Pope (1725) [in collaborazione con WIlliam Broome e Elijah Fenton]

The Odyssey of Homer. - London : printed for Bernard Linton, 1925; London, s.e., 1760, 1763, 1770, 1771, 1783, 1795, 1796; London : printed for the proprietors, 1810; London : Routledge & Sons, 1890; Edinburgh, s.e. 1761, 1763, 1767, 1769, 1773, 1778, 1790, 1792; Dublin, s.e., 1766; London, s.e., 1766; Glasgow, s.e., 1768, 1772; Francfort, s.e., 1776; Aberdeen, s.e., 1778; New York . American Book Exchange, 1880; London : Cassel, 1907; London : Nonwauch Press, 1931

The man for wisdom’s various arts renown’d,
Long exercised in woes, O Muse! resound;
Who, when his arms had wrought the destined fall
Of sacred Troy, and razed her heaven-built wall,
Wandering from clime to clime, observant stray’d,
Their manners noted, and their states survey’d,
On stormy seas unnumber’d toils he bore,
Safe with his friends to gain his natal shore,
Vain toils! their impious folly dared to pray
On herds devoted to the god of day;
The god vindictive doom’d them never more
(Ah, men, unbless’d!) to touch that natal shore.
Oh, snatch some portion of there acts from fate,
Celestial Muse! and to our world relate.

 

George Chapman (1612)

The Whole Works of Homer; prince of Poets, in his Iliads, and Odysses ; translated according to the Greeke, by Geo. Chapman. - London : For Nathaniel Butter, 1612

The man, O Muse, inform, that many a way
Wound with his wisdom to his wishéd stay;
That wander’d wonderous far, when he the town
Of sacred Troy had sack’d and shiver’d down;
The cities of a world of nations,
With all their manners, minds, and fashions,
He saw and knew; at sea felt many woes,
Much care sustain’d, to save from overthrows
Himself and friends in their retreat for home;
But so their fates he could not overcome,
Though much he thirsted it.    O men unwise,
They perish’d by their own impieties!
That in their hunger’s rapine would not shun
The oxen of the lofty-going Sun,
Who therefore from their eyes the day bereft
Of safe return.   These acts, in some part left,
Tell us, as others, deified Seed of Jove.

 

 

 

Traduzioni spagnole

 

Manuel Vallvé (1929)

Odisea / versión castellana de Manuel Vallvé ; ornamentada por Manuel Farriols. - Barcelona : Editorial Ibé rica, 1929.

Dime, Musa, del hombre ingenioso que tanto tiempo anduvo errante después de haber destruído la sagrada ciudadela de Troya. Y vió las ciudades de numerosos pueblos y conoció su ánimo, y, en su corazón, sufrió muchos males, sobre el mar, por salvar su propia vida y lograr el regreso de sus compañeros. Pero no los salvó, contra sudeseo; y perecieron por su impiedad, ¡insensatos! después de haber devorado los bueyes del Sol Hiperiónida. Y éste les arrebató la hora del regreso. Dime una parte de todas estas cosas, diosa, hija de Júpiter.

 

 

Traduzioni tedesche

 

Simon Schaidenreisser (1537)

Odyssea : Das seind die aller zierlichsten und lustigsten vier und swantzig bücher des eltisten kunstreichesten Vatters alle Poeten Homeri ; zu Teütsch tranßferiert mit argumenten und kurtzen scholijs erkläret durch Simon Schaidenreisse. Leipzig 1911; Münster : Grimmelshausens-Gesellschaft, 1986 (Faks-Dr- d- Ausg. Augsburg, 1537)

Gottin des gesangs dich rueff ich an
Hilf preisen mir den theweren man
Der land und stedt durchrayset hat
Geübt darzuo mang gefärlich that
Da er sein weißlose gefertt
Auß nöten gern errettet het
Welch doch all verdorben synd
Faulend in regen schnee und wind.
Darumb das sie muottwilliglich
Geraubt han der Sonnen viech.

 

Alexander Schröder (1952)

Homers Odyssee ; Deutsch von R. A. Schröder. - Berlin ; Frankfurt am Main, Suhrkap, 1952; Frankfurt am Main : Bücher gilde Gutenberg, 1962

Sag mir den Mann, o Muse, den vielverschlagnen, den Irrsal
Schlug, nachdem er die Burg der heiligen Troja zerbrochen.
Örter der Menschen sah er gar viel; und ihre Gedanken
Wußt er zumal und trug auf der Ferne der hohen Gewässer
Leid um sein eigenes Los und die Heimkehr seiner Gesellen.
Aber auch so vermocht er’es nicht, den Freunden zu helfen;
Denn sie selbst verderbeten sich durch eigene Torheit,
Narren, die, frevelnder Gier, des allüber strahlenden Phoibos
Heilige Rinder verzehrt: drum starben sie ferne der Heimat.
Dies und anderes künd auch uns mit Gunsten, o Göttin!

 

Christoph Martin (2003)

Die Odyssee / Homer , übersetzt von Christoph Martin. - Eichborn Verlag, 1966 (Audiolibro. voce di Dieter Mann, Düsseldorf : Patmos, 1999); mit einem Nachwort von Heiner Boehncke. - Reinbek bei Hamburg : Taschenbuch Verlag, 2003 (2005)

Erzähle, Muse, vom weltgewandten Mann, der weit reiste und viel herumkam, nachdem er das berühmte Troja zerstört hatte. Viele Länder und Städte sah er, lernte deren Sitten und Gebräuche kennen; auf See geriet er in Not, versuchte sein Leben zu retten und seine Männer nach Hause zu bringen; doch was er auch tat, seinen Gefährten konnte er nicht helfen: Sie gingen durch eigene Dummheit zugrunde, denn sie frevelten und aßsen von den Rindern des Helios. Deshalb verhinderte der Gott, daß sie den Tag ihrer Heimkehr erlebten. Erzähle auch uns davon, Göttin, Tochter des Zeus, und fang einfach irgendwo an.


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Ultimo aggiornamento: 4 ottobre 2018

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