Guardando nel vago

Gli occhi sbarrati guardano un punto nel vago
finché tutto dopo un poco s’affosca.
Non voglio chiudere gli occhi e vedere nel buio.
Voglio il chiaro e trapassar la materia.

Giungono a fiotti continui i pensieri da in alto la rupe,
puliti e cromati, a cascata si gettan nel salto;
senza fragore si frangon nel terso laghetto.
Il torrente se n’ va scendendo giù a valle.

D’un tratto mi sento leggero e m’innalzo.
La corrente proviene dal fitto dei boschi
e dopo alcune radure, ecco s’apre vasta una malga,
alpestre, inondata di sole sino ai confini col cielo;
e fra il verde dell’erba scorre argentino il suo rio.

A volo sfioro crode, creste, calanchi e dirupi,
mille fiori d’attorno, minuscoli, coi loro colori,
qua e là, tra rocce e licheni occhieggia l’edelweiss.

Tutto il resto del mondo è più a basso.
Tra il verde e l’azzurro un vibrante silenzio,
un fervore di vita, un ardore pulsante.

Respirando quest’aria, guardando lo spazio,
quello che vedi, in piccolo, te lo senti nel petto.
Ti poni a sedere su un masso, le mani sul volto.
Respiri e ti viene da piangere, per il troppo contento,
uggioli e latri mentre singhiozzi, hai il fiato compresso.
Quando ti passa, guardi giù a valle: «Là c’è il mio amore...»

E riprendi a guardare normale: tutto è ancor come prima.

 

Iseo, 9 giugno 2011

 

Son sazio di te Il buon pane


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