L’aquila

Un’aquila plana sulle pianure dell’Asia.
Ghermisce le anime con artigli affilati;
esegue degli ordini impartiti dall’alto.
Teneri agnelli, puledri sciancati.

Sento il suo occhio su me!
«È grande il tuo cielo, cerca altrove la preda:
ancor non son pronto: ho una cosa da fare!
È meglio per te, se stai alla larga!
Vai! Via! Prendimi l’anima, se ti riesce il buon colpo!
Voglio vedere che ti riman fra gli artigli!»

Una danza di sillabe modulate in ritmo appropriato
ti colmano il sangue ascoltando epiche gesta;
gli accenti del ritmo conchiudon frase e pensiero.
Entro quel punto val bene ogni tutto.

Cremignane, 28 maggio 2011

 

Le parole scandite in lor piedi si fan viandanti.
Camminan nel mondo per te, ti riportan notizie.
Immensa è la steppa, infiniti i passi a percorrerla.
La prateria è piena di canti, più dei pastori.
Tutto il giorno il cantore ha cantato,
dieci coppe a due anse ha vuotato per schiarirsi la voce.
Ancora fluirebbero i versi, se non fosse ormai stanco.
Ha in animo di cantare di un’aquila:
mai successo che tornasse senza preda al suo nido.

Voleva straziare il petto di un principe
e prendergli il cuore ancor palpitante,
eternarlo nel cielo, materia di canti.
Ma il principe estrasse la spada,
combatté contro l’aquila:
gli premeva il suo amore, gli costasse la vita.
Appetitoso sopra ogni altro quel cuore ben vivo.
Fu gesto sacrilego combatter l’uccello del cielo.
Fu difesa legittima da parte del principe.
E più combatteva, e più sentiva gli cresceva la forza.
Non avrebbe voluto combattere, era principe pio.
Vedeva nel cuore una vita più viva del cielo,
più verde del verde vasto d’intorno.
Vita rossa e mortale, cruenta e guerriera.
Il solo combatter accaparrava vittoria.
Sapeva di dovere agli dèi l’ardente tizzone nel petto.
Senza i mantici pressi non scaturiva dalla forgia la fiamma.
Ansante il respiro per giungere in tempo.
Irrequieta l’alena come bronzo che ancor tremula e freme
nella forma colato. I fatti non si posson rifondere.
Affilata coscienza che a libro scansiona il reale.
Si muovesser l’arcano destino, i dèmoni a frotte, i sincronismi perfetti.
A lui bastavano i passi, bastavano i fatti.

«Se m’è data ’sta vita, a garganella la bevo:
acqua fresca di fonte, o pur anche vin pretto.
Un passo lo faccio, pur senza consulto, ne va della testa...
Mi va della vita.»

 

Cremignane, 29 maggio 2011

 

L’attrattiva Il lapsus


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