Un premio a chi trasgredisce

[«Bresciaoggi» 15 dicembre 1992, p. 8 – Lettere al direttore]

 

 

Ho visitato l’esposizione di quadri in occasione del Premio nazionale di pittura Oldo-fredi di Iseo. Fra le molte opere esposte mi ha colpito, e come me ha colpito anche altre persone, un’opera stranissima con un titolo ancora pi ù strano («Il rasoio di Ockham») dell’iseano Giorgio Guaini. Durante la premiazione a quest’opera è stato assegnato un premio speciale «per la trasgressione».

Non sono un critico, e anzi di arte mi interesso molto marginalmente, tuttavia proprio la particolarit à dell’opera ha suscitato le riflessioni che ora provo a esprimere.

Una cornice rettangolare lievemente ondulata recuperata da un rigattiere presenta disposti senza un ordine preciso una serie di oggetti: una chiave, un chiodo con la punta dipinta di rosso, un rullo da imbianchino sul cui manico è incollato un putto di metallo e da cui pende una pelle di serpente nera, ai lati un nastro rosso annodato e uno scarsellino; in alto a destra una scritta in rosso je t’aime.

A fianco una citazione da Wittgenstein, il cui senso è: «Le cose hanno il significato che si attribuisce loro».

Come altri presenti mi sono cihesto che cosa significasse quest’opera e se fosse poi Arte.

Gli oggetti sono troppo eterogenei, non si vede il motivo che spieghi la loro disposizione caotica. De Saussure diceva che il segno è fondamentalmente arbitrario.

Ma Wittgenstein ci ricorda che le cose possono aver ricevuto un significato partendo da una certa convenzionalit à. Perché dunque proprio quegli oggetti? Dov’è la linea che separa l’unicità e univocità della referenza (gli oggetti) dai molteplici significati che possiamo attribuire loro?

Ci vorrebbe uno strumento intellettuale sopraffino per separare due ambiti cos ì storicamente compenetrati e sfrondare la giungla delle mille interpretazioni possibili: un «rasoio di Ockham» appunto. Ci potrebbe forse aiutare l’abilità di un esperto in pittogrammi, o in messaggi oggettuali, o in indovinelli.

Azzardo un’interpretazione che sembra cogliere abbastanza nel segno grazie anche alla sua semplicit à: l’opera potrebbe essere un carro allegorico che mette in mostra vari aspetti e concezioni della donna. La cornice ondulata richiama le forme femminili (era la cornice di uno specchio - la donna dunque come «l’altro» per eccellenza, ma anche proiezione di sé - il fatto che lo specchio non ci sia più apre la strada ad altre considerazioni possibili). La chiave è una metafora erotica immediata; la donna è chiodo fisso e anche ferita; è tentazione (la pelle di serpente - è stata anche questo, visto che del serpente si presenta la pelle come un trofeo), è rinnovamento (rullo da imbianchino), è Angelo, è nodo di passione, è mercimonio, è dichiarazione ( je t’aime).

Per quanto ne posso capire, non penso possa avere un . grande valore artistico, almeno nel senso tradizionale, e infatti non si pu ò dire che sia una «bella» opera o un «bel» quadro. Ma è utilissimo come stimolo alla riflessione: c’è voluto lo scatto di un interruttore per giungere alla comprensione, per dare un ordine al caos, per dare un senso a qualcosa che ne reclamava uno; che cosa ora farà scattare il pensiero dal piano del significato comune al livello superiore dell’espressione artistica, vi sto che proprio la «bruttezza» dell’opera reclama un motivo pere la sua presenza ad un premio? Troveremo anche qui una compenetrazione fra significa to e arte come prima fra oggetti e significato ?

Parafrasando la citazione di Wittgenstein, è legittimo ritenere che è arte tutto ciò cui attribuiamo valore di arte? E che cosa sar à questa volta a fare da «rasoio di Ockham» capace di sfrondare il dato artistico dalle interpretazioni che si frappongono all’immediato godimento estetico?

L’arte deve essere colta nella sua immediatezza o per sua natura è esuberante nei significati?

Provo a pensare se sia possibile, sullo stesso carro allegorico, sostituire la parola «donna» con la parola «arte»: l’interpretazione potrebbe reggere. Ma con una differenza: proprio l’aggiunta di una interpretazione contraddice alla regola dell’economicità richiamata col titolo («non moltiplicare le entità oltre il necessario»). Penso dunque che l’autore, anche involontariamente, abbia voluto esprimere una sua concezione dell’arte e riflessione sui meccanismi di espressione del signi ficato (artistico e non).

In campo artistico è possibile moltiplicare le supposizioni immediate anche se a un primo livello di comunicazione («donna») possono sembrare non economiche e superflue, ma che sono invece proprie e necessarie a livello della comunicazione artistica. In sostanza è un discorso sull’arte fatto con i mezzi espressivi propri dell’arte: in questo sta forse la «trasgressione» per cui merita un premio.


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Il rasoio di Ockham by Vittorio Volpi is licensed under a Creative Commons
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