Ai confini

Sono di guardia ai confini: di là c’è l’ignoto.

Dalla steppa può arrivare di tutto, nessuno sa cosa.
Siamo usciti in perlustrazione: solo steppa,
infinita, uniforme, piatta prateria.

Siamo di presidio in un caposaldo isolato,
difendiamo una marca confinaria dell’impero.
Ci scoppiano gli occhi per il troppo guardare,
ci scoppia la testa per il troppo pensare.
Raramente una novità; talvolta la inventiamo.

Mi piacerebbe partire, anche sapendo di non tornare.
Sappiamo che ci sono altri uomini, i barbari;
ogni tanto compare un arciere a cavallo,
ogni tanto sfila lenta sull’orizzonte una carovana.

Eppure sento un richiamo, una voce, nel fondo di me...
E continuo a guardare lontano, non mi stanco.
Le nostre palizzate non reggerebbero un assalto,
nemmeno una grande muraglia potrebbe difenderci.
La vastità senza strade, senza confini, senza città
rassicura quei popoli più delle torri.

Comincio a pensare che siamo al nostro limite estremo.
Alle mie spalle sento Costantinopoli, l’impero, il mio popolo.
Mi sento l’ultima tremula betulla prima del nulla.

Ma se rinasco, mi piacerebbe rinascere nomade barbaro.

 

Cremignane, 22 giugno 2011 (alba)

 

In giolito L’esame


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