Il dio della strada
Non nel profondo di noi stessi,
Non negli abissi del cielo,
Ma sulla strada,
Sulla tua strada Viandante di Emmaus.
Incontri qualcuno e ti ricordi di Dio,
E vedi con questi occhi di povera carne
Che lì c’è Dio.
Il timbro di quella voce che dice e non dice,
L’ascolti e non l’ascolti:
È una porta, una strada,
una biforcazione ad un bivio.
Una voce buona, spiraglio d’un’anima.
Un’anima buona,
Che combatte e resiste
E vuol mantenersi qual è.
È un grande chiarore sulla via di Damasco:
Non ti getta a terra… quella luce t’attrae
Calma e stupenda
Luce pervasa di suono, di voce:
Vedi e comprendi: sei della stessa natura.
Tu pure nella festa di sons et lumières
Ma pur senza frastuono:
Quelle labbra cui un indice in croce
Vorrebbe indurre il silenzio,
Parlano col rosso che sono,
Stipiti tremendi e invitanti
D’un accesso beante ad un bacio esplorante.
Mani di carne,
Polipi saggi sul senso che ha il mondo,
Tentacoli d’edera briaca sul tondo d’un vaso.
Ciechi ci tastiamo le guance,
Sapendo del bene che dà forma ad un volto.
In punta di dita percorriamo le tempie,
Sentiamo ardenti gli zigomi,
E tonde, oh colme, le guance alle palme,
Che più non contengon un bel volto ricolmo di senso.
Un volto e son mille, son tutti, son Dio.
Un Dio ch’accarezzi tenero in un giorno di tua vita,
Che ti fa divina la vita per quest’unico incontro.
Ma innumeri i giorni ed i volti a farti piena la vita:
Piena di altri,
Di quel Dio come te pellegrino pel mondo,
Nel sensibile mondo
Che capti con mente sensibile,
Nell’attimo eterno e fuggente
Che a mille il tuo tempo ribatte.
Non si dice del nome:
umana didascalia
per l’eidesi del tutto,
deissi d’altro e d’altrove.
Nella mente un ricordo fuori dal tempo,
Vivido freme
In questa povera sublime carne presente.
Sorride lo sguardo:
placido, plano orizzonte
terso fra terra e ’l ciel su nel vasto.
Mi guardano tensi quegl’occhi,
sitiente alla fonte
ne bevo beato lo sguardo.
– Dove mi porti?
Freme il cuore che sente la gabbia del petto.
Mi porgi la mano;
mi vuoi tuo compagno lungo il cammino.
Ho già altre strade,
ma tutte recededon
quando le mani s’incontran.
Di che sono fatte? ... Dio mio:
per l’aspetto somigliano.
Ora so: così un tempo formasti anche Adamo.
Quel blu che tanto ti dona,
che n’estolle il disegno di forme perfette...
– Dove vuoi ch’io venga?
Temo che mi tocchi sul cuore,
che commuova ad uscirne le lacrime.
Perché dentro rimesti la pace e la guerra
e ci fai forti e sereni.
Questi occhi usi alla terra, alla carne,
come posson vederti?
E pur mi conferman che sei.
Perché mi sorridi?
Mi degni del benevol tuo sguardo,
M’innalzi leggero:
... tu m’ami?!
In questa fragile carne vuoi locare il tuo tempio?
Od è la vita sorella, di te simulacro,
che vi vedo pulsare?
Fiat. Non so altro che dire
ed accompagnarmi con te,
ovunque tu vuoi,
Dio incontrato per strada.
Iseo, 24 novembre 2000
I lavacri di Pallade Il cuor dell’essere
Il dio della strada by Vittorio Volpi
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Ultimo aggiornamento 16 gennaio 2010Copyright © Vittorio Volpi - 2009