Noi siamo uomini

Noi siamo uomini!

 

Già abbiamo riti mentali da cui difenderci, convinti che aiutino.
Altarini su cui celebriamo le nostre messe con canone e consacrazione.
Tutto è passato al simbolico e lì c’illudiam di poter governare e capire.
E i fatti stessi, anche i nuovi, sono la ritrasformazione del simbolo:
e valgono e sono efficaci perché inscritti in un disegno che ha senso.

Non mi piace questa religione, non mi piace questa “nostra” liturgia.
Vestiti di bianco a scimmiottare purezze angeliche e trascendenti celsitudini.
Preferisco che i fatti rimangano semplici fatti, non importa se non li capisco:
son quel che sono, non m’importa di come l’interpreto, se dicono altro.
È facile costringere i fatti in una teologia, parte di un piano perfetto e sublime,
in una teleologia morale o fatalistica, in un’arcana mitologia costruita a ritroso.

Voglio veder senza occhiali, senza schemi deduttivi, formule di verità.
Non voglio che il mio fare sia imbalsamato dentro ad un rito,
che il suo significato simbolico valga più di quel che è di per sé, in concreto.
Che una macchina logica mi triti e m’insacchi come fesso e salame.

In natura non ci sono fatti esemplari, non c’è bisogno di capire anche altro.
Questo balzo ci frega, ci stacca dal contatto coll’irrepetibile reale di adesso.
E poi ci lamentiamo se la vita ci annoia. Meditiamo alla ricerca di schemi.
La vita deve quadrare: ogni gesto ricondotto a un tarocco, a un tipo in astratto.
Ritorna sempre Euclide e la tentazione di governare il reale da onnipotenti,
realizzare da adulti di pieno potere le fantasie che c’inventavamo per gioco.

E crederle vere, possibili. Tutto sfidare e vincere chi ci siamo inventati a nemico.
“La natura è da correggere, ha bisogno di noi, va completata – sottomessa.
Non sopportiamo sia più forte e intelligente di noi, è sfuggente – e troppo ingenua.
Perché mai un cavallo si deve lasciare domare?, un cane addomesticare?
Noi siamo uomini!”

 

Cremignane, 2 maggio 2015 (6:45)

 

Il ruscello Un corpo che sboccia


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Noi siamo uomini! by Vittorio Volpi
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