O dèi della notte...
Vi ho ringraziato, con gesti di rito precisi e sicuri
e rimane quel grazie per tanto ancor nella mente.
Incredulo lanciasti alle anatre i primi bricci del pane,
già te n’andavi deluso e le onde ridevan di te.
Ma qual meraviglia! S’appressan non viste penelopi fuie (1)
a beccare quel pane sacrato della fede con cui l’hai gettato.
«Ah! Lo gradite!» È festa solenne, dialogo mistico.
Sono attenti gli dèi ad ogni fiammella che li faccian rilucere.
Son vivi della vita che noi gli accordiamo… alla nostra.
E poi fanno, perché son essi che tengono il timone dei fatti.
Non è solo ossequio devoto, è travaso continuo, armonia,
discorso che non vuole convincere, vuol dialogare;
non vuole educare, ma aprire gli occhi agli steli dell’erba,
alle gocce libate, alle presenze che cingon fortezza,
che allargan la vista, l’udito, la mente
all’immanente distillata struttura che ora appare evidente.
Fai finta di niente a due occhi che guardano e ridono,
allegri di niente, dello stare fra noi allegramente,
con niente da fare, né nulla che preme, né che è ora d’andare.
Insieme si sta, il tempo ci fa da cornice per una foto ricordo.
Ci amiamo così come siamo, diversi e contenti che siamo.
Ridiamo di tutto, di piccole cose, di parole leggere e sorrise (2),
contenti senza motivo, sol perché insieme noi soli noi siamo.
La gioia d’averci e d’esser presenti; in gola ci pulsano i cuori.
L’anima sulle labbra a dirci di quanto ci amiamo.
Un marchio incandescente ti segna, ma sulla pelle nemmeno lo senti.
Cremignane, 30 settembre 2010
(1) Ladre (Dante)
(2)
Qui, aggettivo. (Dante)
Tacchini
Un saluto al semaforo
O dèi della notte by Vittorio Volpi
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