Ondivago

Ondivago

La mente m’imbotta di cianciafruscole, di vispe Terese;
si trastulla, m’incanta e m’inganna come un giorno alla fiera.

Non sto sanguindando, male non fa... Continuo.
È come avessi perso un caro gioco d’infanzia.
Sento sulle labbra l’assenzio – forse necessario –
e un amaro diffuso nel corpo, coi nervi irritati.
Distratto, altrimenti ci bado, impaziente, irrequieto,
pronto a sbottare. D’improvviso mi s’è mutato l’umore.

È stata una specie d’escursione sulla Montagna dell’anima (1):
andando faticavo, sudavo, pieno di forza e di gioia;
davo l’anima per giungere in vetta, pien d’entusiasmo.
Avvicinandomi, non era più così in alto, si banalizzava,
si esauriva, si svuotava, svaniva, si perdeva.
Rimaneva solo l’aver fatto il percorso: la vetta un pretesto,
una carota per farmi tirar la carretta: muto e davai (2) .

Discendo dalla montagna con delusione e amarezza:
il sentiero è lo stesso, nemmeno lo vedo, tanto si è spento;
occhi bassi, mi scruto nel vuoto rimasto, le braghe di tela.
La vita – ti par di capire – non è una conquista sudata,
premio d’eroismo, d’allenamento costante,
sforzo, determinazione, tenacia, tensione...
ma tutta quest’attim presente, il passo che sta toccando la terra,
occhi spalancati sull’istante che arriva, io (p)ala di mulino al suo andare.

Non ti voglio più attendere, è uno spreco d’attim dorati.
Sono nel ventre dell’onda, nei seni di una frequenza.
In salita o in discesa, son sempre cursore nell’attim che vado.

 

 

(1) Riferimento al titolo dell’omonimo romanzo (Língshān 灵山, nel Buddismo e Taoismo anche: Dimora degli Immortali), dello scrittore cinese Gāo Xíngjiàn (高行健).
(2) Incitamento dei soldati russi ai prigionieri italiani durante la campagna di Russa. Cfr. La strada dal davai di Nuto Revelli.

Cremignane, 7 ottobre 2012.

 

 

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