Pane dorato

Distante dal mondo, dal giorno, prima che inizi.
Il corpo tutto cullato nell’abbraccio dei sogni,
nel bombice rosa dei nigoli che annuncian l’aurora,
nel miele nepente di api ferventi nell’arnia del cuore,
ti appare il largo ridente suo sguardo: guarda te.
E ora ritrovi una tensione fidente, un voglio che nutre,
un pane dorato, forte e buono, un legame che fa eguali.

Mi osserva lo sguardo: un mare verdazzurro,
le pupille vi nuotan delfini: una cala tranquilla.
Burattini senza fili che danzan scomposti la gioia più matta.
E poi sempre si finisce che ci abbracciamo le nuche,
ci guardiamo negli occhi, ci tocchiamo le fronti
e i nasi – che buffi – si strofinan tra loro.

Regrediamo alla pura semplicità dell’esser vicini.
Fili dorati si doppiano a spola fra noi,
e dove tocca, la pelle mette radici, e cresce dell’altro:
diverremo due piante gemelle, o come platani,
i rami si son presi per mano, han vene comuni,
la linfa trapassa dall’uno nell’altro e crescono insieme.

Una brezza dal mare ci rinfresca le pelli bagnate.
Ci serriamo reciproci i pollici, nelle palme un ardore.
Ridiamo e stringiamo: vogliamo scottarci.
Non mai ci stacchiamo dagli occhi lo sguardo.

Apriamo le mani, vediamo un pane dorato, forte e buono.
Un soffio e si fa fumo d’incenso che sale:
le bocche han voglia di un bacio.

 

Cremignane, 24 giugno 2011

 

Lagobolon Cori e danze


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