Praesignia (1)


Da una lingua ancora non nata (2)
Mi arriva in arcano la parola d’un marchio: praesignia.
Sei tu che mi vuoi scalzare d’adesso?
Incandescente punzone, mi bolla ogni atto,
ogni atto premonisce più compiuto futuro
non importa che sia, o se poi avverrà.

È parola che vale fra uomin da fatti.
È patto siglato da una stretta di mano.
Ogni gesto con te pare che ad altro rimandi
che non voglia aver presa, che voglia volare,
sfuggire dal peso di un oggetto reale.

Come posso pesare uno sguardo, un pensiero,
la tensione che lega, l’attrazione che cerca?

C’è un velo di nebbia al mattino – sospesa
diverrà distillata rugiada col sorger del sole.
È così che s’apprendon nella mente i pensieri?
È così che m’ingotti (3) mia vita, o destino?
Le limpide gocce trafitte di luce
inseminate da un timbro di voce
preannunciano un parto divino:
non è senza carne lo spirito:
sembra che vivan della medesima vita.

Cos’è nell’anima che come sole mi brucia?
Perché non fuma quel fuoco nel cielo?
Siam fatti di sole, siam stelle pulsanti?

Cartelli a migliaia mi fanno da indice.
Ma dov’è che vuoi arrivare, dove ti porta la strada?
Mi basta attenermi al timbro quadrato
e sognare il futuro ancorato al presente

e distrugger quei timbri marchiati nel corpo:
tatuaggi non voglio; è troppo “per sempre”.
Preferisco cambiare ogni giorno quel ch’è da mutare,
pensando ogni sempre a qualcosa di nuovo,
a qualcosa che ogni giorno d’oriente risorge
e m’invita a esplorare quei sogni divinati in anticipo,
quell’arcano inesplicito che svela e ricopre.

E capisci così che i segni son solo la via
un veritiero messaggio che porta alla vita.
Un messaggio crittato su pagina bianca.

L’esplicito è fatto di carne, è fatto di vita.
Trovato il tesoro si getta la mappa.
Arrivato il presente, che vale il futuro?

Praesignia è l’attesa, il divieto, il rinvio.
I corpi son nudi e perfetti: i marchi son nostri,
il nudo è vergogna, preferiamo una foglia di fico,
perché proprio ci piace, se pur di nascosto,
l’esoso peccato che abbiamo inventato.

 

Cremignane, 17 Aprile 2011

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I versi in corsivo sono da intendere in modo ironico, pronunciati dalla “voce della coscienza sociale”.

(1) Un sogno chiarisce che Praesignia (parola latina, aggettivo sostantivato neutro plurale da praesignis, significa “cose eccellenti, bellissime, ottime oltre ogni confronto”) è il nome di una marca di mutande da uomo scritto su un talloncino di stoffa nera, cucito al centro dell’elastico. Ma prima ancora, ponendo attenzione alla parola segno (premonitore, che anticipa: prae-signum), è qualcosa che si preferisce – sebbene non nell’immediato (la gallina domani), è qualcosa da scoprire, e perciò rimanda al futuro, quasi sottraendo vita al momento presente che sembra valere, aver senso solo in quanto attesa, aver valore come tempo-denaro (e non tempo-vita) spendibile per l’acquisto di cosa agognata. È lecito sospettare che lo sfasamento, il rinvio, il rituale d’accesso, possano nascondere una promessa, una deriva ideologica, un controllo sul fare immediato, uno scippo della prerogativa di scelta, di decisione che l’individuo ha sulle proprie azioni e iniziative, un cuscinetto di sicurezza lungo i confini, le consuetudini, le convenzioni, con cartelli minacciosi per evitare intrusioni (alt, keep out, raus, föra d’i pè); o, entro i confini, le balle di fieno con scritte pubblicitarie a bordo pista, per la sicurezza dei concorrenti, per rispetto del regolamento di gara, per evitare le fughe, guardare oltre la siepe (leopardiana o meno). In differita il comportamento è più controllabile e al sicuro da colpi di testa individuali. La vergogna e il pudore sembrano ambiti privilegiati del contratto/controllo sociale. Altri esempi di “guarda-linee”: «La presente legge, munita dei sigilli dello stato...»: un “piccolo segno” d’autorità, che non deve essere infranto; la propria firma (signature); il sapere comune che deve essere trasmesso (insegnato - eventualmente per curricula) alle nuove generazioni; una persona esemplare, superlativa, oltre la norma (insigne); un contenuto che si trasmette per segni (significare); il segnale orario... Tutte cose che lasciano un segno, una traccia da seguire (giocando con la probabile etimologia interna: signum sequi), che disegnano il profilo di una cultura, di una civiltà...

(2) Il sognatore è Poros, giovane eiren di Sparta nel 400 a.C., in dialogo con Hodites, il compagno assegnatogli dal paidonomos.

(3) “Mi trasformi in gocce”. O anche “m’inghiotti”.

 

Un saluto al semaforo Buon viaggio


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Praesignia by Vittorio Volpi
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