Sei tu il mio papa?

 

Ho un carabiniere per padre: la legge prima di tutto.

Ti guardo sottecchi ogni tanto, per veder se sei altro,
ma sento che avviti l’ermetico tappo: mi conservi in salamoia agrodolce.
Ti guardo negli occhi: anche muto mi sgridi.
E le sberle che fanno di un male: mi dici son fesso, imbecille, incapace.
Fammi vedere che sono tuo figlio, non soltanto quando mi compri le nike,
quando sono promosso, quando sono il tuo orgoglio.

Dico casa ma è piuttosto pensione e prigione.
Hai almeno notato che penso diverso da te?
O pensi sia solo un capriccio, che mi ci vuole un po’ di Sbranina?(1)
Dimmi se io posso parlare con te, che dici, ancora non so come stanno le cose.

Dov’eri, quando mamma t’ha detto che ho macchiato il pigiama?
Dov’eri, papà!, quando formicolavo di luci e misteri?
Dov’eri, papà!, quando da solo cadevo in abisso, forse, senza ritorno.
Dov’eri, papa!, quando per vero o per scherzo mandavo tutto affanculo?

Sai, mi brucia in dosso la rossa maglietta di marca che m’hai regalato.
Che cosa volevi? Parla! Tutto lì quel che avevi da dirmi? Parole di altri?
Fammi sentire che valgo; fammi una volta un complimento sincero,
che venga da te. Così, sei un estraneo, non sei più mio papà.
Devo andarmene?, ti sono di peso? Ho capito perché m’inviti a pescare(2).


M’impantano nella melassa dei giorni, dei sorrisi ai clienti.
Non sento quando mi dici quanto ti smazzi per me,
mi rinfacci che sono un ingrato, che sono lontano, che s’è perso il dialogo.

A mezzogiorno, ed anche la sera, vorrei mangiarti di sorrisi e di abbracci;
fammi sentire che son carne di te. Mordimi, che abbiamo un unico sangue.

 

Cremignane, 3 luglio 2011

(1) La medicina per gli imbranati.
(2) Perché serve il verme. Battuta da oratorio.

 

Una mora Il lupo bianco


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Sei tu il mio papà? by Vittorio Volpi
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