Vispe parole

Vispe parole

Le parole sono mille diavoletti-Arlecchini
che sgambettan sul palco del verso con passi precisi,
fanno gl’inchini e mille mossette ridicole e rare;
s’appoggian nei salti ad una sillaba forte
e si rilancian sull’altre, passando veloci e leggere,
fan persin capriole e altre volte si piantano a terra coi piè.

Alcune sono un grano di pepe, infocato cayenna,
altre son zenzero, papavero, mastice, nettare,
dolcissime o aspre, quanto basta e ogni ricetta riesce.
Son venti scilocchi, libecci, breve o bufere, meltemi e mistral.
Accarezzano i volti, rinfrescan sudori e fatiche.

Lasciato l’alvear della bocca, son bombi, farfalle e api operose;
un ronzio d’elitre vaghe, un frinir tra gli ulivi di solerti cicale.
Danzano insieme nel coro, le braccia tra loro intrecciate,
sul litorale del mare, ebbre di festa, d’amori, di vita.
Elevato nel salto, il corifeo sembra mai che tocchi la terra,
se non, scandendo un accento, per riprender più nervo e vigore.

Fluttuan così le parole, flusso di senso che passa.
Non s’arresta il torrente festoso che ha fretta d’andare,
e passa nel fitto ombroso d’un bosco, fra muschi e cascate.
E tutta l’eterna sua urgenza nel dir spumeggianti sue storie,
nuove d’entusiasmo e d’ardore, scintillanti di rusco bagliore,
si placa nel placido andare d’un fiume di linfe dolci rigonfio,
finché giunge al suo mare a disperdersi con gli altri del mondo, infiniti,
dissetato d’altr’acque dai mille arlecchini colori e sapori.

 

Cremignane, 15 febbraio 2012

 

 

Il sole che sempre ci cresce Mi parla la pelle


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