Ciocchi a Natale

Ciocchi a Natale

Il silenzio è la corda tesa dell’arco dei canti.
Una parola è la freccia che scocca senza una mira,
che viene attirata dal ganglio di forze che deve colpire e disfare,
nodi gordiani che già son spariti appena il canto si libra.
La nera materia è incendiata dalle scintille del canto,
una linea di fuoco conquista la tavoletta di meta.

È così che poi il fuoco divampa e vivo consuma la vita.
È così che si vive, ardenti dell’esca che troviamo nel mondo.
Di questo fuoco che pur ci consuma viviamo,
e non vorremmo dammeno, dacché siamo accesi.
E con noi incendiamo altre vite, altre esche e tizzoni.

Saremo cenere sparsa nel vento, portata lontano.
Il ben della fiamma vale più della riserva in catasta.
Senza il legno che si consuma coi giorni non saremmo quel fuoco.
Val la pena essere fiamma, nel vivo del rosso consùmersi.

Siam, pare, fatti per questo e non per languire in legnaia.
Dentro ai fatti appiccato, salgo con essi incenso in immenso,
nel banausico fare è insito un ansito eterno,
un che d’immortale che ognor ci fa dire: “non tutto io muoio”.

Ai posteri lasceremo le ceneri della nostra vampata,
ma fu il nostro fuoco, l’allegro caminetto in famiglia,
con gioia siam ciocchi a Natale, faville sulla caligine nera del nulla.
Non tanto importa il durare, ché muoiono anche le stelle...
quanto anche sol per un attimo esser stati luce e calore,
della stessa sostanza di quel sole che ci scandisce i giorni e la vita.

 

Cremignane, 24 ottobre 2012.

 

 

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